lunedì 22 gennaio 2018

Casa




Tra una maglietta e l'altra da stirare, cedo al richiamo della tastiera, e alle immagini nella mia mente che cercano spazio in una pagina bianca.
E ritorno per qualche istante a camminare tra le strade strette della mia città natale, quella città che per anni mi ha ispirata, mi ha fatta innamorare, mi ha fatto sentire viva. Una città che ho sempre amato profondamente, anche quando mi stava stretta, anche quando volevo lasciarla, anche quando la maledicevo per il male che mi aveva fatto. Quella città a cui cerco di non pensare, perchè la lontananza a volte sembra lacerarmi, a volte mi prende di sorpresa, come una fitta al fianco, e mi brucia gli occhi ed il petto.
A volte è solo il ricordo di una vetrina di un panificio, delle pietre di un ponte, di un posto segreto in un giardino segreto. A volte è il volto di uno sconosciuto, che scambio per quello di un vecchio amico che so di non poter incontrare qui, nella città dove vivo e dove veramente a casa non mi sento.
Sentirsi a casa! Che sensazione sbiadita, che desiderio impossibile! Casa non esiste, almeno non nel modo che conoscevo da bambina. Quella sensazione che tutto mi appartenesse, quel sentirsi in diritto di camminare in un luogo e chiamarlo proprio, sentirlo parte di sè, nei colori, neglio odori, nei volti, nelle parole scritte ed ascoltate.
Ho il diritto di essere qui. Questa è casa mia, ne conosco ogni angolo, ne ho esplorato ogni vicolo, ho scavato tra le rughe dei suoi anziani abitanti, sangue del mio sangue, e ne ho letto le storie, ho respirato le nebbie puzzolenti di fumo e ne ho portato addosso l'odore con fierezza. E poi me ne sono andata, portando con me una valigia piena di ricordi ed ambizioni, sicura che per sempre quella sensazione avrebbe fatto parte di me, che quelle radici mi avrebbero seguito, allungandosi con l'allontanarsi dei miei passi.
Ed invece con il tempo la mia città è cambiata, lontana da me, e i ricordi non combaciano più con la realtà.
E quella ragazza inquieta che vagava per quei vicoli in cerca di qualcosa che non sapeva nemmeno cosa fosse, ha trovato una sua serenità lontano dalle proprie radici, per caso.
Ha perso quella sensazione di casa, scoprendo di potersi trovare a proprio agio in mille posti diversi, ma sempre fino ad un certo punto. Ha capito che casa non è una città, non è un posto solo, ma è sentirsi al sicuro con le persone con le quali ha scelto di condividere il cammino, ovunque esse siano.
È un posto che si porta dentro, dal quale era fuggita per anni, una foresta buia ed intricata che lentamente ha trasformato in un giardino pieno di sole.
Questa sensazione, questo smarrimento misto ad un senso di appartenenza al proprio passato e al proprio presente, ovunque esso sia, è quello che mi fa sentire contemporaneamente priva di una patria, ma a mio agio in strade sconosciute. Non comprendo proprio il senso della parola "patria", non l'ho mai compreso. Ho sempre sentito, nel mio profondo, che ognuno nasce in un luogo per caso, che nessuno dovrebbe sentirsi fiero di una storia scritta da qualcun'altro o di vergognarsi di un passato che qualcun'altro ha plasmato per lui. Siamo parte di un luogo che farà per sempre parte di noi, che ci renderà forti, o ci distruggerà, o farà probabilmente entrambe le cose. Ma la nostra personale storia, il nostro cammino, ha spazio per mille altri luoghi, che forse non chiameremo mai casa, ma distruggeranno le mura di quella fortezza che pensavamo dovesse proteggerci, e ci apriranno un orizzonte fatto di spazi infiniti.
Ed ora vado ad impastare la pizza, che si è fatto tardi.

Nessun commento:

Posta un commento

La cultura della perfezione apparente

Sei anni appena compiuti. Un animo pieno di entusiasmo, di domande infinite, di voglia di sorprendersi, di assorbire le meraviglie che...